Ci hanno davvero preso tutto

mercoledì, luglio 05, 2006

Finale

Delitto perfetto, o quasi. Quando mancavano tre minuti alla fine dei tempi regolamentari, Lippi indica ai suoi gesticolando con le mani prima il tempo mancante e poi mima di rimanere calmi. Come dire: congeliamo la situazione e andiamo ai supplementari. Lì, con una Germania affaticata dal peso della sfida prolungata con l'Argentina, avrebbe sfoderato l'artiglio per dare la zampata decisiva alla sfida. Sono arrivati subito due pali, due docce freddissime: le occasioni nella vita non capitano spesso, mi son detto turbato. Abbiamo dovuto attendere la fine dei supplementari per silurare una Germania tutto sommato modesta. Grosso-DelPiero firmano proprio nell'ultimo minuto il vantaggio scacciarigori, con un tripudio ai limiti della commozione perchè liberatorio, godurioso, e soprattutto giusto. Forse non ci rendiamo ancora conto, ma è stata scritta una pagina di storia calcistica, abbiamo battuto in casa gli organizzatori del torneo segnando due reti nell'ultimo minuto, quando tutti gli altri 119 non erano bastati. L'aspetto più sorprendente di questa Nazionale è la capacità di far apparire come normale amministrazione ogni svolgimento del gioco. Ha una lucidità spietata, una grandissima capacità di controllare nervi, situazioni e avversari. Non si tratta di dominio territoriale, ma di mantenere un controllo mentale di ciò che sta avvenendo sul campo. Sappiamo che c'è il tempo delle nostre occasioni ma che verrà anche il momento in cui subiremo, e quando sono gli avversari a pungere, come è capitato rarissime volte ieri sera, si soffre, certo, ma sembra quasi un rischio preventivato ed inevitabile. Non ci sfugge di mano nulla, controlliamo per lunghi tratti tenendo in possesso il pallone quando sembra la Germania ad essere rinunciataria, senza pungere letalmente ma lasciando intravedere una personalità figlia di un gruppo che si applica, dove tutti gli attaccanti sono riusciti a segnare. Poi arriva nel secondo tempo la Germania, che vuole evitare di prolungare la sfida sapendo di non possedere sufficienti energie. Ci prova ma senza clamorosi esiti, quanto basta per esaltare il nostro Buffon. Noi arretriamo, assistiamo agli eventi comprendendo il momento, aspettando le occasioni che verranno. Non so se questa sensazione di straordinaria compattezza e intelligenza nell'amministrare la partita sia reale, se sia un modo di stare in campo e di gestirsi frutto del nostro sapere calcistico e di un'incredibile forza di nervi tesi eppure distesi, o sia invece frutto delle situazioni, qualcosa che ci è capitato di essere un pò per caso. Io propendo per la prima ipotesi, e in tal caso Lippi avrebbe dimostrato grande sapienza nel costruire il suo piccolo grande capolavoro di una carriera, una squadra senza grandi firme (tipo robertobaggio o paolorossi) ma piena di validi sceneggiatori (oltre ai già citati, una menzione per Gattuso uomoovunque e Pirlo metronomo invisibile ma sensibile). Quello che so è quello cui hanno assistito i miei occhi: nei primi minuti dei supplementari accendiamo due razzi, e negli ultimi due li facciamo partire in cielo. Lo stesso sotto cui migliaia di persone hanno festeggiato qui in Italia, in un rito che si ripete a distanza di 36 anni, un fenomeno sociale quasi curioso nel sapersi infiltrare un pò ovunque, tra vecchi e giovani. Un'autostrada ci aveva portati in semifinale, ieri sera l'asticella del salto si era considerevolmente alzata, e per la prima volta in questo torneo. Abbiamo preso una rincorsa forse un pò troppo lunga, ma sufficiente a staccare in tempo e a librarci in volo. Non ci sono più pronostici ora, soltanto un'ultima gara per decidere su cosa attereremo. Nel giorno in cui la più grande squadra italiana veniva accreditata di serie C, in Germania la nostra Nazionale si conquistava la finale mondiale. Penso che coincidenze così grottesche e speculari consiglino di sospendere ogni pronostico, a questo punto. Stiamo a vedere fin dove arriverà questo volo, che sa tanto di infantile catarsi, un inno al calcio, semplice, immediato, liberatorio che non riesci a smettere di sorridere nemmeno la mattina dopo guardando i balconi piene di bandiere tricolori.

PS. L'aspetto emotivo della serata, sintetizzato dall'annotazione di Akille, e la chiosa psicoemotiva all'evento del solito impagabile Vittorio Zucconi.
giovedì, giugno 29, 2006

Grandi

E' il Mondiale delle Grandi. Alla vigilia dei quarti di finale, possiamo notare come siano arrivate tra le prime otto squadre del mondo, tutte le vincitrici delle passate edizioni, eccetto l'Uruguay che non partecipa alla rassegna tedesca. Brasile, Argentina, Germania, Italia, Francia, Inghilterra, Portogallo, Ucraina sono un quadro quasi completo delle reali potenze del movimento calcistico. I valori di forza e di tradizione sono stati rispettati, senza che si verificasse l'emergere di nuove realtà come potevano essere in passato le squadre africane. Africa, Asia e CentroNordAmerica non hanno squadre qualificate ai quarti. In pratica, stiamo assistendo a un Europeo allargato a Brasile ed Argentina. Del resto, in questi paesi si giocano i campionati più competitivi, girano più soldi e dunque giocatori migliori. Vince la Tradizione, la Storia, a scapito forse di un'imprevidibilità portata da sorprese fresche. Certo, se le sorprese devono essere fenomeni catenacciari stile Grecia, forse è meglio così. Poco spettacolo in ogni caso, nel senso di effervescenza di sistemi di gioco e di giocate funamboliche. Non viene in mente nessun nome salito alla ribalta. Non è il Mondiale dei Grandi, ma delle grandi squadre. Della Storia del Calcio, che in modo quasi silenzioso, senza esaltare, si impone su un anonimo scenario. Lo Spettacolo lo fanno dunque le attese per le grandi sfide, per i ricordi e per il blasone, senza bisogno di effetti speciali. Saranno comunque memorabili scintille tra Giganti, seppure in toni minori (finora).
lunedì, giugno 26, 2006

Ciucciotto

Grottesco colpo di scena finale: il rigorino all'ultimo minuto ci porta tra le prime otto squadre del mondo, consentendoci di evitare altresì pericolosi supplementari contro la volenterosa (e nulla più) Australia. Ci regala un'altra serata per rimpinzarci di pizza, birra e dilemmi sulla formazione, come abbiamo assistito nel surreale collegamento pre-partita nella quale le telecamere stringevano sulle facce scurissime dei pedatori azzurri. Troppa tensione, mi veniva da dire osservando la diretta televisiva eccessivamente ansiogena. In quei momenti, quando fior di critici dibattono sulle questioni tattiche e di schieramento come se ci stesse giocando la vita in una partita a scacchi con la morte, colgo tutta la dimensione tragicomica della questione "Calcio" e ancor più del sistema "Italia", e osservo con lo sguardo misto tra rassegnazione e compatimento, come farebbe una madre di fronte al bimbo scapestrato ma che in fin dei conti gli vuole bene lo stesso. Crescerà è solo un modo per esorcizzare l'inevitabile immaturità che lo accompagnerà nel corso degli anni. La stessa espressione di compatimento la riservavo per i volti sudati e fieri di Lippi e i giocatori intervistati dopo la sveltina consumata negli ultimi secondi di partita. Dichiarazioni pompose, squadra con le palle per citare Zambrotta, quando invece si è assistito a una partita dove abbiamo sprecato quello che siamo riusciti a creare, dove abbiamo non dico sofferto, ma assecondato un certo andazzo. Dove ha vinto più il Destino, quasi vendicandosi dello stregone Hiddink che potè beneficiare di copiosi doni arbitrali in terra coreana. Il fuoco di artificio finale solleva un grande polverone, che nasconde alcune dolorose verità. Lippi potrà anche fregiarsi di aver ragione grazie ai risultati dalla sua parte, ma ha sostanzialmente perso la brocca in due giorni, prima in conferenza stampa e poi nelle scelte della formazione. Quell'Inzaghi in panchina è stata una rinuncia incosciente, quel Del Piero in campo un'occasione mancata, l'ennesima, dall'Achille autoproclamatosi. Totti non è per niente tornato in forma, nonostante abbia tirato un rigore come si deve, e la Nazionale ha giocato a mio avviso una partita talmente arrendevole da sembrare quasi un atteggiamento voluto. Se non lo fosse, ci sarebbe da preoccuparsi seriamente per il proseguio del mondiale, ma un rigoruccio all'ultimo secondo trattasi di coincidenza paurosa, sono segni divini che potrebbero far ben sperare: si rischia tuttavia di sfociare nel paranormale, e sospendo il giudizio in attesa di nuovi miracoli. Resta l'incredulità per una vittoria agguantata in modo improvviso, una lattina ammaccata che schizza improvvisamente bollicine, anidride carbonica che fino a quel momento aveva intossicato la mente del ct, i muscoli dei giocatori e il cuore dei tifosi incollati allo schermo. E poi boom!, esplode, in modo terribile per i canguri ed esaltante per questa piccola Italia popolata da "schifosi" abitanti, per citare il leghista Speroni.
Qui mi collego all'altra Italia che ha vinto, quellla che è andata a votare, e ha votato no. Si è dimostrato che il referendum non è affatto uno strumento che non funziona più, come sentenziavano i corvacci dopo il fallimento del quesito sulla fecondazione assistita. Se la materia viene resa comprensibile (e questa volta l'hanno sì tentato di fare, ma in modo torbido, approssimato e superficiale, con lo scopo di portare a casa i voti del Si) e se i partiti e i vari mostri sacri che guidano il popolino (chiesa casa tele cosa) allora una buona parte di italiani (di più al nord) muove il culo fino alla cabina elettorale, votando, e anche qui non c'è da stupirsi, per partito preso, come alle precedenti politiche dove anche in quel caso l'affluenza alta fece "scalpore". Se ne deduce la voglia di affermare la propria posizione, l'intransigenza di chi è in ogni caso stanco e vuole difendere il proprio cortile, e magari allargarlo pure. Un paese testardo e miope, un paese calciofilo e qualunquista, un paese spaccato e unito, forse, solo dal ciucciotto di Totti.
venerdì, giugno 23, 2006

Pronostico

Lo scorso 10 dicembre, quindi in tempi non sospetti, provai a pronosticare i probabili ottavi di finale dei Mondiali. Oggi, terminata la prima fase, confrontiamoli con la dura realtà.
Pronostico:
Germania-Svezia, Polonia-Inghilterra, Argentina-Messico, Olanda-Portogallo, Italia-Croazia, Brasile-Ghana, Francia-Spagna, Ucraina-Svizzera.
Dura realtà:
Germania-Svezia, Ecuador-Inghilterra, Argentina-Messico, Olanda-Portogallo, Italia-Australia, Brasile-Ghana, Francia-Spagna, Ucraina-Svizzera.
Non previste solo Ecuador ed Australia. Non male, dai. Anche se era facile, lo riconosco.

Corsa

Giovedì dunque avremmo dovuto scoprire di che pasta eravamo fatti. Idealmente, è stata lanciata questa famosa medaglia dalle due facce, ed è come se fosse caduta sul taglio. Siamo passati, ma giocando male. Siamo agli ottavi, ma grazie ai gol delle riserve. Siamo primi nel girone, ma senza avere dato un'immagine di freschezza, come nell'ormai irripetibile prima partita contro il Ghana. Terminata la prima fase, dove abbiamo incontrato squadre tutt'altro che materasso, non riesco a sbilanciarmi sul reale valore di questa squadra. Certamente, abbiamo avuto nazionali più forti, soprattutto perchè dotati di campioni risolutivi con un colpo di genio, che oggi (vedi Totti imbolsito) non abbiamo. Ma questa Nazionale non è sicuramente inferiore a tante altre che hanno fatto molta strada e sono arrivate in fondo al torneo. Siamo ambigui, dunque, molto pragmatici e con una solidissima difesa (Nesta e Cannavaro stellari), con un centrocampo sorretto dal giocatore più intelligente (Pirlo) e da portaacqua dal fiato lunghissimo (Gattuso, Perrotta). Ci manca un attacco arioso e fasce pungenti come frecce alate. Ci mancano diverse cose, ma nessuna di queste sembra essere indispensabile. Potrebbe bastare uno Zambrotta e un Inzaghi letale, per raggiungere l'insperabile. Non è tempo di bilanci, una sconfitta contro i Canguri sarebbe fallimentare, una vittoria il giusto passo avanti. Lo dico: questa squadra può farcela, ed è soprattutto in questa consapevolezza, dettata dalla Storia e da un presente di sostanza e concretezza, il primo grande successo di questo Mondiale. Siamo in corsa, nonostante le de-ferite che segnano i nostri animi, e mi sembra una buona base di partenza. Il Mondiale infatti, inizia ora.
mercoledì, giugno 21, 2006

Mundialgol

Il gol più bello del mondiale, finora.
domenica, giugno 18, 2006

Nervi

Dopo il primo quarto d'ora di gioco, il copione era ormai chiaro: lasciare sfogare l'ardore agonistico degli yankees in versione Marines (negli ultimi giorni pre-gara hanno alloggiato all'interno della base militare americana di Ramstein, invece che in un classico hotel) per poi colpirli freddamente di rimessa e amministrare il vantaggio nel secondo tempo, quando Zio Sam e soci sarebbero finiti a boccheggiare sul terreno. Non è andata esattamente così, e per questo dobbiamo ringraziare prima di tutto la natura stessa del giuoco del Calcio, malandrina nel scompaginare ogni situazione. Zaccardo inscena un goffissimo autogol, a De Rossi salta una vena nel cervello, ripetendo gesti a cui ci ha abituato da tempo in campionato: e il canovaccio della partita viene gettato nelle fiamme. La partita diventa un incendio che nessuna delle due squadre saprà domare. Ci facciamo mettere sotto da giocatori dall'improbabile cognome (Bucanegra, Cherundolo, McBride, ecc.) e in superiorità numerica non riusciamo a piegare quell'accozzaglia di pirati, nani e scozzesi messa insieme da un allenatore con la pancetta di origini italiche. Il secondo tempo segna spia rossa per entrambe le squadre in campo, ma mentre gli americani altro non possono fare che continuare a randellare, la Nazionale si affloscia come un palloncino sgonfiato, bucato da misteriosi limiti fisici e umorali. Dopo due gare del mondiale, abbiamo assistito alle due facce della stessa medaglia. Il suo reale valore, lo scopriremo giovedì.
martedì, giugno 13, 2006

Facce

L'esordio dell'Italia ai Campionati del Mondo, di solito è una sfera di cristallo di difficile intepretazione. Spesso partire male significava finire bene. Ma le statistiche sono fatte per dare una parvenza di prevedibilità a una materia, il calcio, completamente fuori da ogni certezza matematica. Cosa contava dunque vedere, nella prima partita del mondiale germanico? Due cose. La prima, e la più ovvia, il risultato. Abbiamo vinto con punteggio rotondo, e siamo ora a pari punti con l'altra vera avversaria del girone, la Rep. Ceca. La seconda, forse non meno importante dei tre punti, era lo spirito. Qui si sono viste le cose migliori, e non soltanto dallo schieramento in campo, dalla disposizione tattica e dalle nostre giocate. La mia più grossa curiosità era scrutare negli sguardi dei nostri calciatori tendenzialmente fighetti e gelidi, rispetto all'ardore di altre nazionali, e sperare di scrutare il "sacro furore agonistico", memore di pallidi esordi come, per esempio, nello scorso Europeo in Portogallo. Là furono zombie a passeggio per il prato verde, qui, sin dai primi minuti e dalle azioni da gol sbagliate, ho notato mascelle serrate, occhi saettanti e pugni chiusi a incitare e incitarsi. L'Italia ieri sera ha dimostrato di essere una squadra viva, effervescente naturale, come raramente avevo visto negli ultimi anni. Non è ancora il momento di dare meriti a chi ha saputo infondere vigore e brio ai nervi azzurri, essendo soltanto la prima gara. Si possono notare grandi prestazioni di velocità e concretezza da parte di Pirlo, Perrotta e De Rossi, un centrocampo finalmente di stampo "europeo" e non solamente italiano. Una difesa solida, un reparto avanzato con il colpo in canna, una luce negli occhi che ha acceso migliaia di giovani festanti per le strade. Per essere l'inizio, scusate se è poco.